28 gennaio 2012

Come è cambiato il nostro rapporto con la natura - l'uomo contemporaneo


Con il passare degli anni, il divario tra natura e progresso ha continuato ad accentuarsi sempre più e il rapporto tra l’uomo e la natura si è definitivamente spezzato. Oggi abbiamo ormai reso artificiale tutto ciò che ci circonda e, in nome del progresso, stiamo distruggendo il nostro pianeta. Inoltre, all’enorme sviluppo industriale si è aggiunto il boom economico e la significativa crescita demografica, per la quale siamo giunti a 7 miliardi di persone e entro il 2050 arriveremo a 9 miliardi.



Siamo arrivati al punto che il nostro dominio sulla natura non ha più limiti e quindi abbiamo di fronte a noi due scelte: cambiare completamente rotta, facendo un’inversione di marcia e ritornando ad avere un sano rapporto con la natura e a vivere in armonia con essa, oppure andare in contro alla morte del nostro pianeta e della specie umana. La natura oggi non solo ha perso la sua sacralità e divinizzazione, ma è totalmente sfruttata dall’uomo. Inoltre, la tecnologia non si limita più solo a perfezionare la natura, ma addirittura a sostituirla, riproducendo artificialmente i suoi prodotti.

Come è cambiato il nostro rapporto con la natura - il Romanticismo


Con la filosofia romantica di fine Settecento-inizio Ottocento, sembra rinascere nell’uomo un senso di appartenenza alla natura e un forte legame con essa. Infatti, il filosofo Hölderlin affermava che la natura è divina e che l’uomo percepisce un senso di pace soltanto quando si rifugia in essa. Anche Goethe pensava alla natura come una divinità e si dichiarava panteista. Nella visione romantica, l’uomo è concepito come colui che osserva la natura, estasiato dalla sua forza dirompente, e soprattutto egli si senti una nullità rispetto alla grandiosità della natura. Il quadro di Friedrich, intitolato Viandante sul mare di nebbia, rappresenta proprio questa visione. L’uomo osserva la natura e l’infinito di fronte a sé, ed egli non è nulla rispetto a questo infinito.


Come è cambiato il nostro rapporto con la natura - l'uomo moderno


La nascita della rivoluzione scientifica e della modernità nel Seicento (con le nuove scoperte scientifiche) porta a un ulteriore sviluppo del concetto di progresso. Si comincia a pensare che l’uomo, con le sue conoscenze sulla natura, può migliorare le sue condizioni di vita ed estendere sempre più il suo dominio sulla natura. In questo periodo storico, il filosofo inglese Francesco Bacone spiegava che queste innovazioni e cambiamenti erano dovuti proprio ad una rivoluzione nel modo di concepire il rapporto tra l’uomo e la natura. L’uomo diventa, così, amministratore della natura e comincia a delinearsi la differenza tra l’uomo ‘civile’ e l’indigeno: l’uomo ‘civilizzato’ domina la natura a suo vantaggio, è superiore a tutte le altre creature e ha le conoscenze scientifiche per realizzare i propri progetti con l’arte e la tecnica, mentre l’indigeno è ‘incivile’ e va educato e civilizzato. Da qui nasce anche il concetto di benessere, strettamente legato a quello di progresso, che distingue ulteriormente l’uomo civile dal selvaggio, poiché si pensa che il benessere si raggiunga modificando la natura e costruendo un mondo artificiale, tecnologico e governato dalla scienza. Con questa visione antropocentrica, l’uomo, grazie alla ragione, è considerato un essere superiore e può gestire la natura come meglio crede. Di conseguenza, la natura viene razionalizzata e nasce così un rapporto uomo-natura completamente diverso da quello che aveva l’uomo primitivo.


La prima rivoluzione industriale
Il contrasto tra progresso e natura si accentua ancor più con la prima rivoluzione industriale nel Settecento (lo sfruttamento della natura aumenta e diventa sempre più spietato) e con le colonizzazioni dell’America, dell’Africa, dell’Asia e dell’Australia da parte degli europei. Si assiste, così, alla rottura definitiva del rapporto uomo-natura e alla progressiva distruzione del nostro pianeta da parte dell’uomo. Secondo Voltaire, il segreto delle arti umane è di ‘correggere’ la natura. Dunque nella mentalità moderna l’uomo comincia ad avere la sensazione che tutto ciò che vi è al mondo è lungi dall’essere perfetto e per questo può essere reso migliore, può essere corretto.

Come è cambiato il nostro rapporto con la natura - l'Umanismo


La filosofia umanistica dà poi origine al concetto di uomo ‘conoscitore e dominatore della natura’, portando a un antropocentrismo e ad un’ulteriore rottura del rapporto uomo-natura. Pico della Mirandola sosteneva che l’uomo è superiore a tutte le creature, e dunque, ha il diritto di dominare la natura, osservarla e studiarla dal punto di vista scientifico e conoscere le leggi che la regolano, poichè solo conoscendola a fondo la si può dominare. Il divario tra uomo e natura continua ad accentuarsi con la nascita del concetto di progresso, tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, concetto nato a partire dalle scoperte geografiche. In questo periodo storico, Giordano Bruno affermava che Dio si identifica con la natura e aveva, quindi, idee panteistiche, ma allo stesso tempo sosteneva il concetto di modernità e progresso: l’uomo è un essere superiore alle altre creature poiché, con la sua intelligenza, è in grado di trasformare le cose, dunque di modificare l’ambiente naturale per trarre i propri vantaggi e mettere in pratica le proprie tecniche e invenzioni. Giordano Bruno, dunque, celebrava la grandezza della natura e la considerava la divinità del cosmo, ma la natura diventa da questo momento in poi un oggetto di studio, e, in quanto tale, essa può essere alterata a seconda dei vantaggi che l’uomo vuole trarre.


Come è cambiato il nostro rapporto con la natura - l'uomo primitivo


Il nostro rapporto con la natura è cambiato molto nel corso dei secoli. Dall'uomo primitivo all'uomo contemporaneo il nostro legame con la natura è andato via via scemandosi, fino a spezzarsi completamente.





Per poter parlare di come sia cambiato il rapporto uomo-natura nel tempo, bisogna considerare gli eventi storici avvenuti nel corso dell’esistenza umana, i cambiamenti nel campo scientifico, tecnologico, economico e politico e i passaggi da una corrente di pensiero a un’altra e da un tipo di religione a un’altra.

Se tracciassimo un excursus che va dal pensiero filosofico e religioso degli uomini primitivi fino a quello dell’uomo contemporaneo, vedremmo chiaramente che il modo di intendere la natura è cambiato radicalmente nel corso dei secoli. 

Nelle popolazioni primitive l’uomo vedeva la natura come ‘madre e matrigna’: egli apprezzava il dono della vita offerto dalla natura e la ringraziava per i beni che metteva a disposizione, ma allo stesso tempo accettava la sua forza distruttiva. La natura era una vera e propria divinità, essa dava la vita, aveva creato l’universo, la Terra, l’uomo e tutti gli atri organismi viventi e non viventi (come le rocce, le montagne e i fiumi). Gli uomini primitivi organizzavano rituali di venerazione alla natura e di ringraziamento. Il loro Dio era la natura e tutto ciò che ne faceva parte, come il sole, il cielo, il mare, i vulcani, gli alberi, i fulmini, i fiumi, la terra e la pioggia. L’animismo e il panteismo erano le religioni di queste popolazioni, e queste consistevano nell’adorazione della natura intesa come divinità. Si credeva che tutto in natura avesse uno spirito e che tutto fosse vivo. Inizialmente essi erano nomadi, si nutrivano di ciò che trovavano in natura, raccogliendo i frutti che la terra offriva spontaneamente e andando a caccia. In seguito, con la nascita dell’agricoltura, dell’allevamento e del sedentarismo, l’uomo comincia a utilizzare tecniche per sfruttare le risorse naturali a proprio vantaggio, producendo i raccolti agricoli grazie alla coltivazione delle terre e allevando il bestiame. Da questo momento ha origine un primo definitivo cambiamento nel rapporto tra l’uomo e la natura.

26 gennaio 2012

Le conseguenze dei cambiamenti climatici: malattie cardiovascolari, infettive e respiratorie, fame e malnutrizione


Le ondate di calore provocheranno un aumento di decessi per malattie cardiovascolari e per disidratazione e nei centri urbani questo fattore costituirà un problema significativo; un maggior numero di malattie si propagherà attraverso cibo e acqua a causa dell’inquinamento o dell’aumento della temperatura, il quale provoca una maggiore proliferazione dei batteri; malattie infettive, come la malaria, il dengue e la tubercolosi, si diffonderanno maggiormente, poiché gli insetti che trasmettono tali malattie, come le zanzare e le mosche tse-tse, si diffonderanno in aree più vaste a causa dell’aumento delle temperatura; vi saranno più persone affette da malattie respiratorie a causa dell’inquinamento.



Secondo le previsioni, la popolazione mondiale raggiungerà il picco di 9 miliardi di individui nel 2050; la produzione agricola dovrà, dunque, aumentare se si vuole sfamare tutta la popolazione. Il problema è che le terre agricole scarseggiano sempre più a causa della desertificazione, urbanizzazione, disboscamento ed erosione dello strato fertile del suolo, e quindi un numero sempre maggiore di abitanti del pianeta soffrirà la fame, la malnutrizione e la denutrizione


Le conseguenze dei cambiamenti climatici: la morte delle barriere coralline


L’innalzamento del livello del mare renderà le onde anomale ancora più distruttive e minaccerà, purtroppo, anche le barriere coralline. Per poter sopravvivere a questa minaccia, i coralli dovrebbero accelerare la loro crescita. Il problema è che, non solo questo non è possibile, ma inoltre essi sono anche minacciati dall’inquinamento delle acque e dall’aumento delle temperature marine (dovuto al surriscaldamento globale). Dunque, oltre ad essere inquinati e degradati, sono anche soggetti al fenomeno dello sbiancamento (i coralli diventano bianchi e muoiono). Le barriere coralline, oltre ad essere uno spettacolo della natura, sono una fonte di cibo alla base della catena alimentare marina e sono, quindi, un elemento fondamentale per tutti gli abitanti dell’oceano. Sono gli ecosistemi marini più ricchi di biodiversità, ospitano, infatti, nove milioni di specie animali e vegetali. Purtroppo sono anche molto vulnerabili, per cui anche un minimo aumento di temperatura marina potrebbe costituire una minaccia. Inoltre, quando una barriera corallina si sbianca e muore, di conseguenza muoiono anche pesci, molluschi e altre specie. Lo sbiancamento avviene non appena la temperatura marina sale al di sopra del livello di tolleranza delle barriere coralline. Si prevede che entro la fine del secolo la maggior parte delle barriere coralline scomparirà.


Anche gli oceani sono fortemente minacciati sia dall’inquinamento delle acque, sia dall’aumento delle temperature, il che porta al cosiddetto fenomeno di acidificazione degli oceani. Con l’aumentare dell’anidride carbonica assorbita dai mari, gli oceani diventano sempre più acidi. 


Le conseguenze dei cambiamenti climatici: l'innalzamento del livello del mare e le conseguenti inondazioni


Con lo scioglimento dei ghiacciai, il livello dei mari si sta innalzando e sia la fusione dei ghiacci, sia il conseguente innalzamento del livello dei mari stanno avvenendo con una sempre più elevata rapidità. Questo evento porterà all’inondazione di isole e zone costiere. Il livello del mare potrebbe arrivare ad innalzarsi di un metro entro il 2100 e, se l’intera Groenlandia arrivasse a sciogliersi, potrebbe addirittura innalzarsi di 6 metri. Le piccole isole sono particolarmente minacciate di scomparire, le Maldive potrebbero non esistere più. Città costiere come Venezia e New York saranno minacciate dall’aumento del livello del mare. Zone come la Florida, la baia di San Francisco, i Paesi Bassi, Pechino, Shangai e il Bangladesh potrebbero venire completamente inondati. Alcuni terreni agricoli nel delta del Nilo verranno inondati e milioni di persone dovranno abbandonare la zona.




Le conseguenze dei cambiamenti climatici: lo scioglimento dei ghiacciai


L’Artide e l’Antartide, e quindi il polo Nord e il polo Sud, sono le zone del pianeta più vulnerabili agli effetti del global warming. Infatti, il surriscaldamento globale nelle zone polari è un’arma a doppio taglio: l’aumento della temperatura media globale non solo fa sì che si sciolgano i ghiacciai e che quindi ci sia un aumento del livello del mare e, di conseguenza, delle inondazioni, ma inoltre, riducendo la superficie dei ghiacciai (i quali, riflettendo su di sé la luce solare, permettono di regolare la temperatura del pianeta, diffondendo il calore in maniera regolare) si riduce anche la loro riflettività (o ‘albedo’), portando a un maggiore assorbimento di calore solare da parte della Terra e quindi a un ulteriore riscaldamento, il quale a sua volta provoca un ulteriore scioglimento dei ghiacciai. In pratica si tratta di un vero e proprio circolo vizioso.





In migliaia di anni non si era mai verificato lo scioglimento del permafrost: questo provoca il cedimento di case e strade che vi sono state costruite, voragini, distruzione di foreste, prosciugamento di alcuni laghi e riduzione della biodiversità che troviamo in questo ecosistema. In Alaska, interi ecosistemi stanno scomparendo, abeti e betulle stanno venendo sostituiti dalle paludi e pezzi di costa si stanno distaccando e sciogliendo. Tutto ciò è un danno soprattutto alle popolazioni che vivono in queste zone, le quali saranno costrette a emigrare per sopravvivere. Inoltre, questo fenomeno fa sì che vengano rilasciate nell’atmosfera quelle quantità di gas serra intrappolate nel ghiaccio del permafrost, contribuendo ancor più al surriscaldamento globale.

I ghiacci della Groenlandia si stanno sciogliendo ad una velocità impressionante. Dagli anni ‘80, nell’emisfero boreale, si è verificata la riduzione di un decimo di copertura nevosa invernale e i fiumi e i laghi ghiacciano e sgelano in anticipo.


Le conseguenze dei cambiamenti climatici: la tropicalizzazione


Un’altra conseguenza prevista per il futuro è l’ulteriore estensione delle fasce climatiche tropicali verso i poli, fenomeno che porta a eventi come quello che sta accadendo nel Mediterraneo: questo mare sta venendo colonizzato da specie marine tropicali, le quali, adattandosi alle temperature elevate, sono più competitive e finiscono per rimpiazzare le specie tipiche del Mediterraneo. Questo fenomeno viene definito ‘tropicalizzazione’. Una volta spostatesi le fasce climatiche tropicali, si sposta a sua volta anche quella mediterranea, dunque le specie marine che un tempo erano tipiche del Mar Mediterraneo ora si adattano alle temperature e all’habitat di mari che si trovano più in prossimità dei poli.


Le conseguenze dei cambiamenti climatici: aumento della temperatura media globale e estinzione delle specie


Continuando di questo passo, con l’attuale quantità di emissioni di gas serra nell’atmosfera prodotte dalle attività umane, il pianeta si surriscalderà sempre più, anno dopo anno, fino ad arrivare, nel 2100, ad un aumento della temperatura media globale di ben 2°C, dal momento che la concentrazione di CO2 raggiungerà addirittura le 600 parti per milione. Purtroppo c’è anche il rischio di uno scenario ancora peggiore: vi sono grandi quantità di metano depositate in giacimenti sottomarini in tutto il pianeta, e, con l’aumento della temperatura degli oceani, questo metano rischia di essere immesso nell’atmosfera, provocando un inarrestabile surriscaldamento. Anche lo scioglimento del permafrost sta a poco a poco rilasciando nell’atmosfera il metano contenuto nei suoi ghiacci.


A causa dell’estrema siccità, nel 2050, alcune aree della foresta amazzonica si seccheranno, liberando grandi quantità di CO2. I cambiamenti climatici avranno effetti disastrosi non solo sull’atmosfera, ma anche sull’idrosfera (mari, fiumi, laghi e altre fonti d’acqua), sulla biosfera (tutti gli esseri viventi) e sulla criosfera (i ghiacciai).


Infatti, non solo l’atmosfera, ma anche gli oceani si surriscalderanno sempre più; l’aumento della temperatura degli oceani altererà il pH delle acque e sconvolgerà le correnti oceaniche e la circolazione termoalina. Probabilmente il meccanismo che sta alla base della circolazione oceanica nel Nord Atlantico potrebbe cominciare ad arrestarsi entro il 2020.




Questi eventi porteranno a effetti disastrosi come l’estinzione di molte specie animali e vegetali, poiché essi non riusciranno a sopravvivere a tali temperature, oppure non saranno capaci o non avranno la possibilità di adattarsi ai cambiamenti climatici e ai mutamenti del loro habitat, o ancora, non avranno la possibilità di emigrare in zone climatiche più favorevoli allo sviluppo della loro specie. Per esempio, mentre alcuni animali come le farfalle e gli uccelli possono facilmente emigrare in altre aree per poter sopravvivere e far sì che la loro specie continui ad esistere, altri animali, come l’orso polare, si trovano ad essere fortemente minacciati dai cambiamenti climatici. Infatti, una volta scomparsi i ghiacciai sui quali è solito vivere, l’orso polare non potrà emigrare in un’altra zona climatica. Lo stesso vale per alcune specie di vegetali: non tutti gli alberi potranno spostarsi e svilupparsi in altre zone; alcuni perché non avranno più il clima adatto alla loro sopravvivenza, altri perché avranno difficoltà a emigrare, poiché magari ci sono ostacoli creati dall’uomo stesso. Basta pensare alle città, alle strade, alle zone dedicate all’agricoltura intensiva: tutto ciò costituisce un ostacolo all’emigrazione delle specie. Un rischio grandissimo è che si estinguano molte specie di insetti, in particolar modo le api. Come disse Albert Einstein: “Quando le api scompariranno, all’uomo resteranno circa quattro anni di vita”, infatti senza l’impollinazione da parte delle api, l’uomo scomparirebbe dalla faccia della Terra. Questo purtroppo è un dato di fatto, dal momento che insetti come le api sono alla base della catena alimentare, danno luogo alla riproduzione delle piante tramite l’impollinazione e fanno sì che nascano i frutti. Senza api non c’è vita. Il problema è che pare che le api siano già a rischio estinzione. Anche altri insetti come le zanzare svolgono un ruolo rilevante nella biosfera: ogni essere vivente è fondamentale alla vita sulla Terra, ognuno di essi svolge un ruolo essenziale nei cicli naturali, e, non appena si estingueranno delle specie, si altereranno gli equilibri naturali di ciascun ecosistema, mettendo in pericolo la sopravvivenza di altre specie e di noi stessi. 
La conseguenza delle estinzioni di specie animali e vegetali è la riduzione della biodiversità.

Esperimenti di manipolazione del clima




A quanto pare l’uomo sta riuscendo davvero a dominare la natura e a manipolarla, attraverso esperimenti condotti sul clima. In pratica si immettono delle sostanze chimiche nell’atmosfera e si può modificare il tempo atmosferico, ottenendo pioggia, sole o neve su ordinazione. USA e Russia sono gli Stati accusati di svolgere questi tipi di test e soprattutto si pensa che il loro obiettivo sia creare un nuovo tipo di arma, e cioè il clima, da essere utilizzata al posto dell’arma da fuoco nei conflitti bellici, dando così origine a una nuova forma di conflitto: la “guerra climatica”. Sembra che USA e ex URSS abbiano avviato queste sperimentazioni già negli anni ’30. Oggi, pare che anche altri Stati del mondo stiano mettendo a punto test di manipolazione del clima. 


Si parla di scie chimiche e del progetto HAARP. Le scie chimiche sono sostanze come ioduro d’argento, bario e alluminio che, lanciate da razzi nell’atmosfera, diretti verso le nubi, fanno sì che, attraverso un processo chimico, in una determinata zona non cada la pioggia. L’HAARP, invece, che sta per “High frequency Active Auroral Research Program”, è un’installazione civile e militare, con base in Alaska, dedita ad inviare onde radio nella ionosfera, causando perturbazioni simili a quelle prodotte dalle radiazioni solari.



Qualcuno è arrivato addirittura ad ipotizzare che, dal momento che l’HAARP effettua esperimenti su campi elettromagnetici fortissimi, il terremoto in Cile del 2010 e quello in Giappone del 2011 e lo tsunami avvenuto nell’Oceano Indiano nel 2005 siano stati provocati da tali esperimenti. 


Attenzione, questo non significa che il clima stia cambiando a causa di questi esperimenti. Il problema del global warming c’è e va affrontato. Ma il punto è che l’uomo non solo sta modificando l’equilibrio della natura con le sue attività e con il suo stile di vita, ma inoltre sta attuando esperimenti meteorologici per modificare il clima a suo piacimento. Tutto ciò è raccapricciante e sembra del tutto assurdo e inverosimile, ma a quanto pare vi sono sempre più prove e testimoni di queste sperimentazioni. La cosa impressionante è che l’uomo sta rischiando davvero di giocare con il fuoco: scatenare le forze della natura o domarle potrebbe essere la nostra rovina.


23 gennaio 2012

I Paesi più inquinanti al mondo

Se volessimo fare una classifica, diremmo che, tra i Paesi più inquinanti al mondo, vi sono gli Stati Uniti, i quali, in rapporto alla loro popolazione, producono la percentuale più elevata di emissioni di gas serra (ospitano il 4% della popolazione mondiale e producono il 25% delle emissioni globali del pianeta). Al secondo posto vi è la Cina, la quale produce quantità di emissioni maggiori rispetto agli Stati Uniti, ma, in rapporto alla sua popolazione, ne produce in minor numero. La Cina è il Paese più popolato al mondo e nel 2006 ha superato la produzione totale di anidride carbonica degli Stati Uniti. Infine, con l’incremento dell’industria, i Paesi in via di sviluppo, come l’India, stanno a poco a poco raggiungendo le capacità industriali dei Paesi industrializzati e un giorno finiranno per superarli nelle emissioni di gas serra.



I fattori che provocano l'aumento di gas serra nell'atmosfera


La prima fonte di inquinamento è la combustione dei combustibili fossili (carbone, petrolio e gas) per il settore residenziale (per la climatizzazione degli edifici), per produrre elettricità, per il settore dei trasporti e per il settore industriale.

La seconda fonte è la deforestazione, responsabile del 25% delle emissioni. Infatti, ogni anno vengono distrutti 13 milioni di ettari di foreste, per dare spazio ai pascoli, alle piantagioni, alle infrastrutture, alle estrazioni di petrolio e di altre risorse e per prendere il legname. Più alberi vengono abbattuti e più anidride carbonica viene rilasciata nell’aria. Meno alberi ci sono e meno CO2 viene assorbita.


Vi sono, poi, alcuni fattori che portano al processo di degradazione del suolo, il quale causa a sua volta la desertificazione, e quindi la perdita di terreni fertili e un ridotto assorbimento di anidride carbonica. Questi fattori sono l’eccessivo sfruttamento dei terreni per il pascolo o per l’agricoltura, la deforestazione (spesso effettuata per dare spazio a terreni liberi per la pastorizia e per l’agricoltura intensiva o per ricavare legname dagli alberi), metodi di irrigazione sbagliati e, più in generale, uso errato dei terreni. I metodi di uso del suolo attuati non permettono un utilizzo a lungo termine del terreno, lo sfruttamento è eccessivo e pensato per le necessità da soddisfare a breve termine.




Altri fattori responsabili delle emissioni di gas serra sono gli allevamenti e l’agricoltura intensivi. Questi elementi producono elevate emissioni di CO2 e metano, prodotti, per esempio, dal bestiame, dallo sterco e dalle colture di riso. Allevamenti e agricoltura di tipo industriale non fanno altro che portare all’esaurimento del suolo fertile a disposizione; l’utilizzo di fertilizzanti chimici (che emettono protossido di azoto) non solo provoca la contaminazione dei terreni, ma anche delle falde acquifere, poiché i rifiuti chimici vanno a finire in queste acque. Inoltre l’agricoltura intensiva porta a uno spreco d’acqua incredibile a causa dell’irrigazione, il che non è qualcosa che si può trascurare, visto che in futuro andremo in contro a una vera e propria carenza d’acqua potabile e la siccità aumenterà. 


Infine, altri fattori che contribuiscono all’aumento di gas serra nell’atmosfera sono: scarichi di industrie; processi industriali; residui chimici; discariche e inceneritori; combustione delle colture e incendi di foreste; produzione e trasporto di alimenti; processi di trasformazione dell’energia; estrazione e trasporto dei combustibili fossili; raffinerie di petrolio e decomposizione della biomassa.



19 gennaio 2012

Quali sono i gas responsabili dell'aumento dell'effetto serra?


Innanzitutto l’aumento della temperatura globale è dovuto al surriscaldamento dell’atmosfera, causato a sua volta dall’incremento dell’effetto serra naturale, o meglio, dalla produzione di effetto serra antropogenico. Infatti, l’effetto serra è di per sé un fenomeno naturale senza il quale non ci sarebbe vita sulla terra. L’energia solare entra nell’atmosfera attraverso radiazioni luminose e riscalda la Terra. Parte di questa energia scalda la superficie terrestre e viene poi nuovamente irradiata nello spazio sotto forma di raggi infrarossi. Parte dei raggi infrarossi viene trattenuta nell’atmosfera e permette alla Terra di avere una temperatura media globale (circa 15 °C) utile per la vita degli organismi viventi che la abitano. Se questa parte di raggi non venisse trattenuta nell’atmosfera si avrebbe una temperatura media globale troppo bassa per poter permettere l’esistenza di esseri viventi sulla Terra, circa -20 °C.




Il problema nasce dal momento in cui le attività umane hanno aumentato la concentrazione di gas serra nell’aria e hanno immesso anche sostanze inquinanti precedentemente non presenti nell’atmosfera, trattenendo così più calore e dando origine al cosiddetto effetto serra antropogenico. L’atmosfera terrestre è uno strato molto sottile e quindi molto sensibile ad ogni minimo cambiamento che le attività umane provocano. È uno strato così sottile che noi siamo dunque in grado di alterarne la composizione. 


La temperatura media globale è aumentata di circa 0,7 °C nell’ultimo secolo, ma per esempio sulle Alpi e in Italia l’aumento è stato di circa 1-1,2 °C. Quando si parla di surriscaldamento globale ci si riferisce all’aumento della temperatura media globale, e cioè di tutta la superficie terrestre, dunque si può verificare che, mentre alcune zone della Terra diventano più calde, altre, come il Nord Europa, diventano più fredde. Questo avviene perché l’impatto dei cambiamenti climatici non è lo stesso in ogni punto della Terra. L’aumento di temperatura non è ben distribuito sulla superficie del pianeta, infatti l’emisfero nord si è surriscaldato di più rispetto all’emisfero sud e i continenti si sono surriscaldati di più rispetto agli oceani.


L’anidride carbonica è il gas serra che si trova in quantità maggiori nell’atmosfera e che contribuisce maggiormente al surriscaldamento globale. Anche il vapore acqueo è un gas presente in quantità significative nell’atmosfera, ma la durata della sua esistenza nell’aria è minima rispetto alla CO2, perché tende a condensarsi rapidamente. Il metano, invece, costituisce un problema molto più grande del vapore acqueo e della CO2. Anche se la quantità di metano nell’atmosfera è minore rispetto a quella dell’anidride carbonica, esso è un gas molto più potente e trattiene molto più calore, contribuendo maggiormente all’aumento dell’effetto serra. Inoltre questo gas è più pericoloso perché interagisce con altre molecole nell’atmosfera, producendo a sua volta CO2 e vapore acqueo. Finora si calcola che il metano ha contribuito per due terzi al surriscaldamento globale rispetto all’anidride carbonica. La maggior parte delle emissioni di metano provengono dall’agricoltura intensiva, dal bestiame, dal letame, dalle coltivazioni di riso, dalle produzioni di petrolio e gas, dalle discariche, dallo smaltimento di rifiuti, dalle miniere di carbone, dalla combustione dei combustibili fossili e dal gas che riscalda le nostre abitazioni. La terza causa dell’aumento dell’effetto serra, e quindi del surriscaldamento globale, è il nerofumo, o fuliggine, prodotto dalla combustione di biomassa (foreste, pascoli, legname e letame), da fuochi per cucinare e dalla combustione dei combustibili fossili. Esso non è un gas, bensì è composto da un particolato carbonioso, ed è molto pericoloso poiché quello prodotto dalla combustione delle foreste in Siberia e Europa orientale si dirige verso l’Artico e, dal momento che aumenta la temperatura, contribuisce alla scomparsa delle calotte di ghiaccio. È particolarmente dannoso anche per la catena himalayana, poiché, inquinando l’aria sulle vette dell’Himalaya e dell’altopiano del Tibet, accelera lo scioglimento dei ghiacciai.


Altri gas responsabili dell’aumento dell’effetto serra sono il protossido d’azoto (N2O), emesso dall’uso di fertilizzanti nell’agricoltura intensiva, il monossido di carbonio (CO), i compostiorganici volatili (VOC) e le sostanze chimiche inventate dall’uomo nel XX secolo, come gli idrocarburi alogenati e i clorofluorocarburi.

Cos'è il clima e cosa sono i cambiamenti climatici?


Il clima di un’area è la media dell’insieme di fenomeni atmosferici che avvengono in quell’area in un determinato arco di tempo (in genere 30 anni). Se in quell’arco di tempo si verificano cambiamenti significativi dei fenomeni atmosferici rispetto alla media, presentando alterazioni della variabilità prevista e una certa continuità di tali alterazioni, siamo di fronte a un cambiamento climatico.




Cosa ci dice che i cambiamenti climatici e il surriscaldamento globale stiano avvenendo a causa delle attività umane?


L’errore che, purtroppo, fanno in molti (soprattutto i sostenitori del modello economico capitalista e le grandi multinazionali petrolifere) è pensare che questi mutamenti climatici a cui stiamo assistendo facciano parte di un ciclo naturale, in altre parole che i cambiamenti climatici si siano sempre verificati durante l’intera esistenza del nostro pianeta, che la Terra abbia già assistito ad altri periodi di surriscaldamento dell’atmosfera e che l’uomo non ne sia la causa. Queste persone affermano dunque che le attività umane non abbiano niente a che fare con il surriscaldamento globale e i cambiamenti climatici. Un numero sempre più elevato di scienziati afferma invece che, pur essendo vero che anche nei secoli precedenti il clima è già cambiato a causa del surriscaldamento del globo e che l’aumento dell’effetto serra era dovuto a cause naturali, la situazione che si osserva oggi è completamente diversa. È scientificamente provato che oggi il surriscaldamento globale è prodotto dall’umanità, dal momento che le attività umane hanno intensificato l’effetto serra e i livelli di anidride carbonica non sono mai stati tanto elevati.


Infatti, attraverso le analisi e gli studi effettuati sulle carote di ghiaccio in Antartide e Artide, sulla composizione dei sedimenti marini e lacustri e sugli anelli degli alberi (tipo di studio chiamato dendroclimatologia), che ci forniscono informazioni sulle quantità di anidride carbonica presenti nell’atmosfera nel corso dell’intera esistenza della Terra, si può verificare che i livelli di CO2 non sono mai stati così elevati quanto quelli che si verificano attualmente. 


Come possiamo osservare nel grafico in basso, ad un aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera (linea blu) corrisponde esattamente un aumento della temperatura atmosferica (linea bianca) e fino ad oggi la concentrazione di CO2 nell’atmosfera non aveva mai superato le 300 parti per milione. Possiamo inoltre notare che oggi ha raggiunto circa 370 parti per milione e si prevede che arriverà a 600 parti per milione se nei prossimi 45-50 anni non si ridurranno le emissioni.



Il grafico è stato copiato dal libro di Al Gore intitolato "Una scomoda verità"

Il nostro rapporto con la natura è cambiato radicalmente


Gli eventi che hanno modificato il nostro pianeta e il nostro rapporto con la natura sono, in primo luogo, la prima rivoluzione industriale, alla fine del XVIII secolo (con la combustione eccessiva di carbone prima e di petrolio e gas poi, lo sviluppo di molte industrie, come quella siderurgica, e l’invenzione di varie macchine, come la macchina a vapore), in seguito, la seconda rivoluzione industriale, alla fine del XIX secolo, (con l’uso di prodotti chimici, come la plastica, e nuove invenzioni, come il motore a scoppio, l’automobile, la lampadina a incandescenza e la dinamo) e, infine, la terza rivoluzione industriale, dalla fine del XX secolo ad oggi, (con l’invenzione dell’energia nucleare e di nuove tecnologie, come la televisione, il computer e il telefono cellulare).


L’incredibile e sempre maggiore incremento della popolazione mondiale e le sempre più potenti tecnologie (ormai diventate incontrollabili e troppo grandi persino per l’uomo stesso) hanno poi incrementato il nostro impatto sull’ambiente.

Perchè le catastrofi naturali stanno diventando sempre più minacciose?




Chiunque deve aver notato che il clima sta cambiando e lo sta facendo in modo sconvolgente. I cambiamenti climatici sono ormai una realtà assodata, non solo lo confermano scienziati di tutto il mondo, ma lo vediamo con i nostri stessi occhi. 

Dagli anni '70 il clima è letteralmente impazzito, ma quali sono le cause? Perchè fenomeni naturali come uragani, tornado, alluvioni e inondazioni stanno causando più vittime rispetto al passato e sono più distruttivi?
Le catastrofi naturali sono inevitabili e sono avvenute da sempre nella storia del nostro pianeta, ma le attività dell’uomo e l’intervento umano su determinati ecosistemi hanno portato a un’intensificazione dei disastri, cioè a un aumento della loro frequenza, intensità, durata ed estensione. La spiegazione logica a tutto ciò c’è: l’inquinamento atmosferico ed idrico, la deforestazione, l’edilizia, lo sfruttamento eccessivo di risorse naturali e molte altre attività umane scatenano delle reazioni a catena che sfociano in vere e proprie catastrofi, le quali, pur essendo naturali, e quindi non causate in modo diretto dall’uomo, sono incentivate e rese più estreme dall’essere umano, al punto da essere attribuite all’umanità stessa. 



Nel corso degli anni, con l’evoluzione della specie umana sulla Terra, abbiamo cambiato radicalmente il nostro pianeta, ‘antropizzando’ la maggior parte degli ecosistemi, modificando la composizione chimica dell’atmosfera e degli oceani, mutando il corso dei fiumi, trasformando il suolo e costruendo edifici in qualsiasi punto del mondo. Le trasformazioni del pianeta dovute all’intervento umano sono incredibili: complessivamente è stata modificata quasi tutta la superficie del pianeta e alcune specie vegetali che esistevano un tempo raramente si ritrovano oggi.




Negli ultimi anni abbiamo notato che le giornate piovose si verificano in minor numero, ma con maggiore intensità. Dunque, mentre fino a qualche decennio fa le piogge si distribuivano uniformemente nel corso dell'anno e precipitavano con una quantità ridotta d'acqua, tanto da non creare problemi alle città, poichè il terreno riusciva ad assorbirla, oggi le piogge si concentrano in poche giornate e provocano allagamenti inimmaginabili, spesso causando delle vittime, come nel caso dell'allagamento delle Cinque Terre avvenuto nel 2011 e come avviene ogni anno in molte città italiane come Napoli e Roma. Si è notato che questi allagamenti e precipitazioni violente sono solite avvenire soprattutto al Nord.
Ciò che ci rattrista sono le vittime che ogni anno si verificano per questi eventi e i danni che ricevono settori come l'agricoltura.

Le continue modifiche del pianeta da parte dell’uomo hanno portato a fattori come il surriscaldamento globale, mutazioni del clima, spostamenti delle fasce climatiche, alterazioni degli ecosistemi e del ciclo idrologico e mutamenti delle correnti oceaniche. In poche parole, abbiamo ormai alterato tutti gli elementi naturali. 

Ogni fenomeno naturale è strettamente correlato all’altro; tutto, sul nostro pianeta, è relazionato. Il fatto che questi fenomeni siano collegati tra loro fa sì che si creino reazioni a catena, come in un circolo vizioso. Un esempio di reazione a catena è il fatto che l’aumento della temperatura globale del pianeta, causato dall’eccessiva quantità di emissioni di gas a effetto serra nell’atmosfera, provochi lo scioglimento dei ghiacciai e il conseguente aumento del livello del mare, che a sua volta porta a un aumento di inondazioni. In passato, quando la Terra non era ancora contaminata ai livelli odierni, avvenivano catastrofi naturali di lieve entità, molto meno intensi e distruttivi. Oggi accade addirittura che eventi climatici mai verificati prima in una determinata zona vi si presentano per la prima volta. Si stanno riscontrando temperature di gran lunga superiori alla media e si stanno spostano le zone climatiche.

Spot della Greenpeace sul clima- Decidi


11 gennaio 2012

Assottigliamento dei ghiacciai ed innalzamento del livello del mare



Un fenomeno di dimensioni epocali, che sta causando e causerà sempre più danni, è l’assottigliamento dei ghiacciai. Questo processo ha cominciato a verificarsi dagli anni ’70, e dagli anni ’80 sta accelerando a un ritmo sempre più rapido e si sta estendendo ormai in qualsiasi parte del mondo. Sulle Alpi, le Ande, l’Himalaya e molte altre catene montuose del mondo i ghiacciai stanno via via arretrando. Sul monte Kenya, nel XX secolo, i ghiacciai hanno perso tre quarti della loro estensione e il Kilimangiaro sta perdendo superficie nevosa a un ritmo sempre più accelerato. Le calotte glaciali della Patagonia, un vero spettacolo della natura, si stanno sciogliendo, contribuendo, così, all’innalzamento del livello del mare. Il 95% dei ghiacciai dell’Alaska si sta assottigliando, e questo fenomeno è accelerato dagli anni ’90 ad oggi. 
Con lo scioglimento dei ghiacciai si riduce significativamente il volume d’acqua potabile disponibile per la popolazione mondiale. Per esempio, i ghiacciai della Cordillera Central, in America Latina, stanno scomparendo a poco a poco, e il fiume Rimac, dopo un rapido e breve ingrossamento dovuto allo scioglimento dei ghiacciai, si prosciugherà improvvisamente. Inoltre, i fiumi che scendono dall’Himalaya potrebbero essiccarsi per la scomparsa progressiva dei ghiacciai. In conclusione, una volta che scompariranno i ghiacciai, non ci saranno più le riserve d’acqua potabile del pianeta.

 

Spot della Greenpeace sui cambiamenti climatici


L'incredibile ed incessante incremento demografico contribuisce a rendere più catastrofici i disastri naturali



È bene sottolineare che il fatto che le catastrofi naturali provochino oggi danni maggiori rispetto al passato non è sempre e solo attribuibile al fenomeno del global warming e dei cambiamenti climatici. Il problema è che, con l’aumento della popolazione mondiale, le zone che prima erano meno popolate e che quindi subivano un numero ridotto di vittime quando venivano colpite da un cataclisma, ora ne subiscono un numero molto più elevato. Del resto se una catastrofe climatica avviene in una zona remota del mondo a malapena se ne sente parlare in televisione.
Sappiamo bene che nell'ultimo secolo si è verificato un rapido incremento demografico, per cui la popolazione mondiale sta passando dai 6 ai 9 miliardi nel giro di pochi decenni, e questo è sconvolgente, soprattutto se pensiamo che un giorno la Terra dovrà essere capace di fornire acqua, cibo e tutte le altre sue risorse a una popolazione troppo grande per la biocapacità del pianeta. In pratica, l'impronta ecologica della popolazione mondiale ha di gran lunga superato la capacità naturale della Terra di sostenerla.




Il punto è che, non solo il clima sta cambiando e sta portando con sé eventi climatici più estremi rispetto al passato, ma inoltre noi esseri umani siamo diventati più vulnerabili, più esposti a queste catastrofi, perché abbiamo voluto “antropizzare” l’ambiente. Per esempio, una città come New Orleans, che sorge sotto il livello del mare, è molto vulnerabile agli uragani e alle inondazioni. Non ci si deve stupire, quindi, se, costruendo una città laddove non andrebbe costruita, si viene colpiti da eventi climatici distruttivi. O ancora, un Paese sovrappopolato come il Bangladesh, la cui popolazione è maggiormente concentrata presso i delta dei fiumi Gange e Brahmaputra, risulta essere più vulnerabile e più minacciato rispetto ad altri, poiché, oltre ad essere soggetto a cicloni, l’eccessiva popolazione concentrata in zone critiche porterà a un numero maggiore di vittime nel caso di eventuali catastrofi.